Quei suonatori stregati dall’organetto nel turbine di una danza o su youtube
A BORGOSATOLLO IN PIAZZA CON LA COMPAGNIA DELLA VOCATA
Potremo ascoltare un organetto dal vivo sabato prossimo, 18 giugno, alle 21 in piazza Italo Calvino a Borgosatollo, con la Compagna della Vocata.
In programma pizziche salentine, tammuriate napoletane e tarantelle. Questi i musicisti che saranno impegnati nel concerto: tamburello (Enzo Santoro), violino (Stefano Zeni), fisarmonica e organetto (Davide Bonetti). In caso di pioggia il concerto si terrà al coperto, nel Teatro Comunale, in via Leonardo Da Vinci 1.
Il programma annuncia “una nottata di sanguigna e verace festa in stile salentino. Pizzica salentina, accompagnata da tammuriate napoletane e tarantelle, per celebrare l’arrivo dell’estate”.
Le musiche del repertorio della tradizione orale del nostro Sud Italia sono interpretate dal gruppo folk La Compagnia della Vocata, che le ripropone secondo lo stile originale, utilizzando strumenti tradizionali, ma lasciando al tempo stesso spazio all’improvvisazione e alla loro rielaborazione in chiave contemporanea.
I musicisti si mescoleranno al pubblico presente nella piazza, per far saltare e ballare tutti con i ritmi gradevoli e vivaci delle musiche che vengono dal Sud.
STREGATI DALL’ORGANETTO
Ne parla la bresciana Giuliana Ferraboli, specialista di questo strumento: “Fui colpita dal suono, dai colori del legno, e dalla sua magnetica semplicità”
NEL MONDO
Dalla Russia all’Irlanda, dalla Svezia al Sud Italia e in altri luoghi è uno strumento familiare.
Una cassettina di legno tempestata di bottoni. Ne schiacci uno e ti viene voglia di ballare. Ne premi un altro e il cuore ti si riempie di nostalgia. Non stiamo parlando del carillon fatato di Papageno, dal mozartiano “Flauto magico”, ma dell’organetto, rettangolare strumento a mantice, legno e ance, sorta di arcaica fisarmonica rimpicciolita, orchestrina portatile, affascinante scatola sonora.
Se sei donna puoi abbracciarlo, guardarlo in faccia e parlargli, cullarlo come un neonato. Se invece porti baffi e barba, devi strapazzarlo, spremerne l’inconfondibile succo sonoro, affondare gli accenti dei soffietti come colpi d’ascia in un tronco.
Amato dal folk d’avanguardia, da certo jazz, dalla vera musica popolare. In Russia, Svezia, Francia, Irlanda, Paesi Baschi, lo adorano, gli dedicano festival, concerti, sagre, tavole rotonde. In Italia è diffuso soprattutto nelle valli alpine del Nord-Ovest (in terre d’Occitania), in Sardegna e al Centro. Aerofono prediletto dalla musica del Sud: vietato suonare una pizzica pugliese o una tammuriata senza il tiramolla dell’organetto.
“Non possono farne a meno la musica klezmer, la venezuelana, la catalana, le danze provenzali o una tarantella che si rispetti”, spiega Giuliana Ferraboli, tra i pochissimi bresciani specialisti di questo strumento. Alla maniera di San Paolo, Ferraboli si è convertita cadendo dal pianoforte sugli spigoli della fisarmonica diatonica, sulla via del web. “La ascoltai per la prima volta in un video di You Tube: fui subito colpita dal suo suono, dai colori del legno, dalla sua magnetica semplicità”.
Quali sono le difficoltà esecutive? “Tutti gli strumenti musicali sono facili da suonare: basta pigiare il tasto giusto al momento giusto. L’organetto è vivo, duttile, risponde immediatamente. Però produce due suoni per ogni tasto (e questo crea sempre disagio); obbliga al possesso di un ampio ventaglio di tecniche; chiede alla mano sinistra di compiere tre funzioni contemporaneamente: suonare i bassi, agire sulla valvola di sfiato, aprire e chiudere il mantice”.
Il suo fascino maggiore? “Puoi modulare il suono, controllare volume ed espressività, il suo respiro ti attraversa, il tuo cuore batte insieme al suo”. Un affetto travolgente, esigente? “E’ amore ricambiato. Nei giorni ventosi suono un esemplare in legno di ciliegio. Se piove va meglio quello in noce. Le ance sono fatte a mano e fissate con cera d’api: mai lasciare un organetto al sole”. A Brescia gli organettisti li conti sulle dita di una mano, è molto più diffusa la fisarmonica cromatica. Ferraboli ha dovuto fare la spola tra Prevalle e Milano, per trovare un maestro all’altezza, Vincenzo Caglioti. I nomi storici dell’organetto italiano sono Riccardo Tesi (Toscana), Silvio Peron (Piemonte), Ambrogio Sparagna (Lazio). “Anch’io sono essenzialmente un autodidatta” conferma Davide Bonetti, altro aficionado e virtuoso dello strumento. “Ho seguito i consigli di grandi maestri bresciani come Franco Ghigini (dei Bandalpina), Guido Minelli (ensemble La Zobia mata, Pangea, El bès galilì), Piero Ansaldi. Il resto è stato duro e solitario lavoro, tenacia, passione”. Un virtuoso come Ambrogio Sparagna, un paio d’anni or sono, ci confidava: “La musica popolare è una storia di uomini. Con il mio organetto cerco un volto, combatto contro la solitudine”. Un organetto: frammenti di storia in un pezzo di legno.
(Enrico Raggi)